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Serramonacesca è il comune n. 32 della provincia di Pescara da cui dista 37 km; esso si colloca a sud-ovest rispetto al capoluogo e confina con 3 paesi della provincia di Chieti: Pretoro, Roccamontepiano e Casalincontrada, e con due paesi della provincia di Pescara: Manoppello e Lettomanoppello.
Il paese, localizzato in posizione mediana, spostato verso nord, sorge a 290 metri s.l.m. su una cresta collinare con impianto a spina delimitato dalle escavazione prodotte dall’azione erosiva delle acque del fiume Alento e del torrente Vallone. È situato al centro di una vallata chiusa dai monti che la delimitano su tre lati e che, dal Piano di Tarica, vanno degradando verso il mare. È attraversata da un’unica strada, scarsamente frequentata, che collega la Valle del Pescara con la zona interna settentrionale della provincia di Chieti e con la zona turistica della località sciistica la Majelletta, i cui centri sono: Manoppello, Roccamontepiano e Pretoro, e Guardiagrele. Con regio decreto legge 2 gennaio 1927, n. 1, fu legalmente istituita la provincia i Pescara e Serramonacesca della provincia di Chieti entra a far parte della nuova circoscrizione.
Geografia e paesaggio
Il paesaggio sorge nelle pendici settentrionali della Majella ed è situato all’interno di un territorio che presenta un dislivello di 1250 metri circa; a Nord, verso il fiume Pescara, è localizzato il punto più basso (località Selva Santo Ienno) a circa 87 metri s.l.m., mentre il punto più alto si ha presso Piano di tarica, in località Passolanciano a 1343 metri s.l.m., in prossima delle montagne del gruppo Majella. La parte antropica oltre il paese è completata dalle frazioni di Brecciarola, Garifoli, Colle Serra, Santo Ienno e San Gennaro (tutte località in prossimità del Centro di Serra) e da un nucleo a carattere turistico nelle località di Passolanciano.
Oltre alla stradale n. 539, il sistema viario residuo è costituito da strade poco rilevanti che collegano tutte le parti del territorio come carreggiabili asfaltate, carrarecce brecciate, sentieri e mulattiere, tipiche delle zone montane.
Tutto il territorio è caratterizzato da una profonda valle solcata dal fiume Alento che rappresenta l’elemento fondamentale per l’origine e lo sviluppo di Serramonesca.
L’Alento, piccolo fiume dell’Appennino, ha sempre goduto di una certa notorietà per la presenza della Abazzia. Il fiume, prezioso e indispensabile, fu impiegato per azionare un mulino ad acqua costruito intorno al X secolo dai monaci dell'Abazzia di S. Liberatore, diventando così uno dei principali punti di riferimento della comunità.
Nel passato le acque del fiume scorrevano vicino al complesso monastico, senza destare preoccupazione, perché non erano mai impetuose e per lungo tempo non avevano mai arrecato danni. Tutta la zona montuosa a monte della Abazzia, ricca di varia vegetazione, costituiva un contenimento idraulico tale da impedire di formarsi di frane e smottamenti della parte valliva. Boschi di faggio, di carpini, e di querce secolari rendevano molto bello il paesaggio e davano ricovero a uccelli e animali come orsi, cervi e cinghiali.
La zona ad ovest di Castel Menardo prende il nome di Querceto, proprio grazie ai suoi boschi di querce di cui in fossato era ricchissimo. Durante la costruzione della linea ferroviaria Roma-Pescara queste piante secolari furono tagliate e vendute per farne le traversine.
Altre zone, attualmente povere di vegetazione, derivano il loro nome dalle specie di alberi di cui la zona era tanto ricca da esserne caratterizzata: Colle del Faggio, Valle del Cerro, Valle dell’Olmo, Piana del Ginepro, contrade Castagna e Carpinatura.
Solo ora che la maggior parte dei boschi non esiste più ci si rende conto dello sbaglio commesso in passato da cui derivano oggi erosioni,frane e conseguente perdita dei terreni fertili provocata dalle acque che non sono più trattenute dalla vegetazione precipitano a valle con rigonfiamenti.
I monaci nel passato hanno sempre salvaguardato il patrimonio boschivo naturale ritenendolo preziosa fonte di vita.
Prima della soppressione napoleonica era indispensabile l’autorizzazione del priore e il pagamento della fida per avere diritto di pascolare e di far legna. Chi veniva trovato privo di permesso veniva colpito da sanzione civile e penali.
All’inizio del secolo scorso gli interventi strutturali dell’uomo, con conseguente disboscamento selvaggio hanno reso questo fiume, in passato tanto benefico, minaccioso e portatore di rovinose frane in vari tratti del suo corso. Il pianoro, su cui si ergeva il convento,a poco a poco sgretolato da erosioni e infiltrazioni continue, ha trascinato tutto il complesso verso il fiume. Grazie alle opere di rimboschimento con pini, effettuate dal corpo forestale proprio dove il terreno era incolto e non utilizzato si sta di nuovo ricreando quell’equilibrio naturale che si era perso nel passato.
Attualmente dai 1000 ai 1400 metri, il suolo è utilizzato per pascolo o lasciato incolto con rocce nudi; dai 400 agli 800 metri troviamo invece bosco misto,latifoglie e ceduo; dai 100 ai 400 metri,zona in cui sorge il paese, troviamo agricoltura seminativa,alberi, olivi, con minime presenze di vigneti.
Il fiume Alento è costituito da 2rami che, partendo dalle coste di S. Andrea e dalla costa della Madonna, in territorio di Pretoro, si riuniscono poi in un unico corso, a circa 1 km. A monte di S. Liberatore, dove sprofonda nel sottosuolo per riaffiorare successivamente 200 m. più avanti; prosegue fino all’Adriatico, sfociando nei pressi di Francavilla. Lungo tutto il suo corso le sue acque vengono utilizzate per irrigare i campi della valle omonima.
Aspetti geologici
Il versante della Majella, nel territorio di Serramonacesca, è solcato da una lunga valle profondamente incisa dal fiume Alento, con il classico profilo a V.
In termini più bassi affioranti del tetracico sono albiani e si presentano in facies pelagiche con calcari più omeno marmosi e selciferi, tipo scaglie, con intercallazione di calcari biodetritici di torbida. In questa zona i calcari sono teneri e friabili con parti ossidate e presenza diffusa di selci anche di dimensioni superiori al metro. Sono presenti argille pliaceniche che formano calanchi sia in prossimità del paese che nella particolare zona al confine con Manoppello e Casalincontrada conferendo a questi luoghiquell’aspetto caratteristico dato da burroni e solcature verticali appuntite, prodotti dall’azione dell’azione di agenti atmosferici e dalle acque che scorrono sui versanti collinosi.
Il clima è di tipo temperato freddo.
La flora
Il comune di Serramonacesca si trova nella parte Nord-Nord Est del massiccio della Majella, la vicinanza del mare Adriatico e la differenza di altitudine, che va da 100metri circa (s.l.m.) di contrada S.Ienno fino a 1350metri
(s.l.m.) di Passolanciano, determinano una diversità di ecosistemi e quindi un gran numero di specie vegetali ed animali.Nella parte più bassa del territorio, troviamo splendide architetture naturali,i calanchi, che si estendono da 100-400 metri. Questa situazione calanchifera è diffusa lungo tutta la fascia collinare argillosa del subappennino e costituisce sicuramente un elemento architettonico del paesaggio collinare.
I calanchi ospitano una particolare vegetazione argillofila in stretto rapporto con quella delle colture e dei prati post-colturali. La vegetazione si insedia sulle ripide pareti che consentono la vita solo a quelle specie che tollerano la grande aridità del suolo derivante dall’argilla a della presenza di Sali di sodio. L’associazione vegetazionale è costituita dall’Agropiro-astereto caratterizzato dall’Agropiro pungente, dalla scorzonera e dall’Astro spillo d’oro. Nei calanchi di Serramonacesca troviamo inoltre l’Erba mazzolina meridionale,la Grattaliguna,la Lattoria e il Carciofo selvatico.
Spostandoci verso l’alto, dai 400 ai 700 metri, troviamo querceti misti che assumono caratteristiche e composizioni che variano a seconda della condizione del suolo e dell’esposizione dei versanti.
Comunque grazie alla disponibilità di acqua,sui versanti ombrosi prevalgono, a seconda del substrato il Carpineto nero, il Cerro e più sporadicamente la Rovere e il Carpino bianco. Sui versanti meridionali, più asciutti si insedia la Roverella che, adattatasi anche a temperature elevate, si spinge fino alle zone con clima più freddo saldandosi alla fascia del Faggio.
Tra gli arbusti e i cespugli di questa fascia vegetazionale troviamo nelle zone luminose il Ginepro, il Biancospino, il Citiso, la Ginestra odorosa, il Maggiociondolo e alcune Rose Selvatiche.
Nei settori più caldi troviamo la Robbia selvatica,il Pungitopo e in alcuni casi, anche il Leccio.
Tra i fiori spiccano le viole, primule, ciclamini, campanule, anemoni e varie specie di Orchidee tra cui la Maculata, la Cafalantea maggiore nelle zone più ombrose e la Orchidea calabrese nelle zone aride e sassose.
Salendo più in quota, attorno agli 800-900 metri, il Faggio sostituisce le querce con fitte formazioni boschive che solo l’opera dell’uomo ha potuto interrompere in alcuni tratti sostituendole con ampie praterie dette, per questo motivo, derivazioni.
È bene ricordare che il Faggio si accompagnano altre specie arboree e arbustive, quali l’Acero napoletano,l’Acero montano, il Corpino nero, l’Orniello, il Maggiociondolo, il Sorbo montano, ecc. nonché fiori ed erbe quali Genziane, orchidee, Barba di capra; nei settori più aperti o nelle piccole radure, si può osservare la bellissima ma rara Peonia; mentre più frequente è la Belladonna che contiene l’atropina, un Alcaloide di largo impiego in oculistica.
Merita infine di essere citata anche la vegetazione ripariale. Il fiume Alento riveste una perticolare importanza per l’equilibrio floro-faunistico di Serramonacesca. Esso nasce intorno a 700 metri di altitudine in località Aia della Forca che sovrasta la chiesa di San Liberatore a Majella; da qui si snoda lungo un percorso di 35 Km circa, prima di sfociare nel mare Adriatico, nei pressi di Francavilla al Mare in provincia di Chieti.
Il suo corso, all’inizio, è impervio e dà origine a numerose cascatelle scavate nella roccia calcarea. In questo tratto la limpida acqua fredda e ben ossigenata del fiume costituisce un elemento importante per la vita e la riproduzione delle trote fario che in questo tratto vivono sicure e protette da leggi che regolano la pesca. Il reggime prevalentemente torrentizio del corso d’acqua favorisce l’insediamento di saliceti, Salice ripaiuolo e Salice rosso.
Laddove, invece, la velocità della corrente diminuisce, si trova il Salice bianco, il Pioppo nero, il Salice da ceste.
Un cenno particolare meritano le piante aromatiche quali aromatiche quali la menta, il timo, l’origano, ecc. nonché le varie specie di funghi quali pinaioli, prataioli e porcini che fanno di questo territorio un fiore all’occhiello del Parco Nazionale della Majella.
Fauna
Pur essendo un piccolo comune, il territorio di Serramonacesca rappresenta un arale molto ricco dal punto di vista faunistico.
Non tutte le specie sono facilmente osservabili ma chi avrà costanza e spirito di osservazione potra senz’altro andare incontro a piacevoli sorprese.
I mammiferi, a differenza di altri animali sono difficilmente osservabili essendo attivi soprattutto al crepuscolo e durante le ore notturne. Per rilevarne la presenza bisogna spesso limitarsi ad osservare le impronte e gli escrementi caratteristici.
L’orso bruno morsicano, per esempio, negli ultimi decenni non è mai stato avvistato nella zona alta di Serramonacesca, ma testimonianze storiche attestano la sua presenza, probabilmente si tratta di qualche esemplare proveniente dal versante occidentale della Majella.
Meno raro dell’orso e sicuramente più comune, il lupo sopravvive, anche se in numero limitatissimo. Attualmente, grazie alla reintroduzione di cervi e caprioli sulla Majella, si spera di salvare questo raro carnivoro. Infatti nel territorio in considerazione è presente l'Area Faunistica del Capriolo del Parco Nazionale della Majella e si possono osservare tracce di capriolo anche nell'intero territorio, segnale questo,molto positivo. Tra gli ungulati selvatici solo il cinghiale è attualmente presente con un numero così alto da danneggiare ormai campi e raccolti.
Sono facilmente osservabili piccoli carnivori come la Volpe e la Faina; meno comuni e di difficile localizzazione sono la Donnola e la Martora, specie molto elusive che vivono nelle zone più selvagge e tranquille del massiccio della Majella.
Numerose sono le specie di roditori, come lo scoiattolo meridionale, il ghiro, il moscardino ecc. ancora poco note e da studiare.
Molto ricca è l’avifauna con i suoi rapaci, corvidi e passeriformi. Da segnalare la presenza, vicino ai centri abitati, della cornacchia grigia, taccola, gazza, ecc.. Nella notte è possibile ascoltere la civetta e l’assiolo ed altre specie simili, lungo i corsi d’acqua, troviamo la ballerina gialla.
Ad altezze superiori, è facile imbattersi in specie innocue di rettili come la natrice, il bicolo e la biscia d’acqua, mentre è più difficile incontrare la vipera.
Tra gli anfibi presenti è senza dubbio da ricordare l’ululone dal ventre giallo simile ad un rospo, ma ricoperto da vivaci macchie gialle. Questa specie il cui nome deriva dallo strano verso che emette, si riproduce regolarmente nelle pozze del fiume Alento.
Numerosissime sono poi le specie di insetti che determinano una enorme biomassa utilissima a tutti gli insettivori che si nutrono di larve, lombrichi,di nemotodi ecc. mentre non sono ancora stati riscontrati particolare condizione climatica che meriterebbe uno studio studio approfondito sui lepidotteri.
Serramonacesca in breve
Serramonacesca è sorta nell’alto Medio Evo ed ebbe origine da famiglie scese da Polegra. Tutta la sua storia segue le sorti del monastero di San Liberatore a Majella. La prima cosa che il paese ebbe dai monaci fu, non a caso, proprio il nome. L’Abate Tertullo nell’anno 884 aveva già costruito e fondato la chiesa di San Liberatore a Majella che subì vicissitudini tali da dover essere poi ricostruita nel XI° secolo.
Il territorio di Serramonacesca venne compreso nell’Abruzzo Citeriore nel 1273. Nel 1467 apparteneva alla contea di Manoppello di cui seguì le vicende storiche. L’abate Pacichelli ne dava questa descrizione: “Le si avvicina (riferito a S.Valentino in A.C.) una terra volgarmente chiamata Serramonacesca, propia dei monaci Cassinesi dei quali è anche il prossimo chiostro dedicato al Redentore, ove serbasi dei volumi antichissimi in caratteri longobardi”.
Il paese, oltre ad avere avuto una economia agricola dalla quale ha sempre tratto il proprio sostentamento, ha avuto pure una rispettabile tradizione musicale, tanto che uno dei suoi figli fu Silvio Mancini, inventore di un sistema per gli strumenti a fiato ancora oggi adottato dalle Trombe.
Importante quindi è la chiesa di San Liberatore a Majella che sorge a 2 Km dal paese e a cui è annesso un convento di Benedettini. Distrutta da un terremoto del nel 990,la chiesa fu riedificata ad opera del monaco Teobaldo quando Giovanni III, Abate cassinese, lo nominò alla reggenza di dell’Abbazia. Era l’anno 1007. nel 1550 venne rimaneggiata con interventi architettonici di un certo rilievo. Il pavimento in opus sectile fu trasportato nella parrocchiale, ma, di recente,è stato riportato nel luogo primitivo. Si possono anche ammirare tracce di affreschi del XI e XVI secolo raffiguranti la chiesa e il monastero all’epoca della loro costruzione. La chiesa stata restaurata nel 1903, nel 1967/71 e nel 1994/95. La Parrocchiale dell’Assunta è di epoca romanica, ricca di materiale architettonico proveniente dall’Abbazia di San Liberatore a Maiella, completata nel 1841, con arredi provenienti dal monastero, ora riportati nella Badia. La facciata è a salienti con campanile sul lato anteriore sinistro tutto in pietra concia. L’interno è a tre navate terminanti, quella centrale, con abside e, quelle laterali, con altari. Le volte a vela sono sorrette da pilastri in muratura con decorazioni di gusto barocco e neoclassico. Interessanti il leone stiloforo sull’ingresso e l’acquasantiera all’interno, probabilmente provenienti dall’Abbazia.
Grotta “Eremo di Sant’Onofrio” – è una chiesa rupestre addossata alla roccia, con gli ambienti retrostanti costruiti in gran parte da ripari naturali che formano il vero e proprio Eremo. All’interno, imponente e di particolare pregio, è la statua del Santo realizzata in pietra.
“Grotta delle colonne” – la cavità è una galleria di dimensioni anguste ma di notevole interesse per la presenza di numerose incisioni e iscrizioni del periodo medievale.
In località San Liberatore si trovano dei ripari artificiali, cioè cavità naturali adattate artificialmente. All’interno è possibile rintracciare, anche se ormai quasi del tutto deteriorati, affreschi e sepolcri incavati nella roccia. Di particolare interesse è il Tempio rupestre San Giovannelli, posto sulle rocce modellate dal fiume Alento nel corso degli anni. Da segnalare inoltre la Grotta dei corvi e quella dei Mandroniper i ritrovamenti di epoca preistorica che si trovano all’interno. Vale la pena poi citare i Ruderi di Castel Menardo e quelli di Castrum Ploegro,cioè la terra di Polegra.
Il territorio è ricco anche di formazioni calanchifere che si rinvengono nei terreni argillosi di formazione pliocenica.
Il paesaggio montano offre delle tipiche capanne in pietra a secco (Terroni o tholos), espressione di tecnica ingegneristica agro-pastorale.
Le feste patronali sono celebrate il 12 e il 13 giugno, a Sant’Onofrio e a Sant’Antonio. Durante il pomeriggio del 12 avviene la “distribuzione dei pani”. Il pane, acquistato da uno o più fedeli la cui identità rimarrà sconosciuta, viene accolto in una casa e da lì esce sistemato in ceste e portato sulla teste da fanciulle che, in corteo, raggiungono la chiesa. Il pane viene poi benedetto dal sacerdote e quindi portato in processione con la banda in testa per le vie del paese per essere distribuito casa per casa.La festa dell’emigrante è celebrata nella seconda settimana di Luglio per solenni9zzare il ritorno di coloro che vengono a trascorrere con le famiglie di origine il periodo estivo.
La festa del santo Liberatore (Cristo) cade nella terza domenica di Settembre. La statua, custodita nella Parrocchiale dell’Assunta, viene issata sul trono di Sant’Antonio e portata a spalla fino all’Abbazia, dove viene vegliata per l’intera notte dai fedeli per poi essere poi riportata indietro, dopo la messa delle 12 del giorno successivo.Dopo la cerimonia religiosa, caratteristica è la messa dell’asta “de le majè”, nel corso della quale sono offerti al Santo omaggi dai Serresi e dai fedeli dei paesi limitrofi.
Origini di Serramonacesca.
Il suo nome e la sua origine sono legati sia alla orografia del territorio sia alla celebre badia benedettina di San Liberatore a Majella, la cui sagoma solitaria appare, al di sopra dell’abitato, al visitatore che arrivi da Pescara. L’etimologia di Serramonacesca è “Serra di Monaci”; il borgo sorse, a distanza di circa due silometri,contemporaneamente alla Badia,durante il secolo VIII, per salvare la misticità del luogo.
Il borgo, abitato da pastori,agricoltori e boscaioli che traevano benessere e sicurezza dalla lavorazione dei vasti e fertili territori della zona, crebbe sia per numero di abitanti sia per importanza.
Il primo nucleo ebbe origine nel periodo barbarico, dopo che le popolazioni germaniche avevano conquistato l’Europa dando vita a stabili insediamenti nelle terre conquistate. I monaci seppero sfruttare le risorse locali, soprattutto quelle forestali. L’albero più apprezzato era la quercia, che costituiva un eccellente materiale da costruzione e forniva le ghiande, nutrimento peri maiali. In tempi di carestia, le bacche e i frutti selvatici del sottobosco mantenevano in vita anche la popolazione del borgo, oltre a favorire il nutrimento di animali semiselvatici come pecore,capre, maiali. I campi, coltivati in prevalenza a vite e frumento si estendevano dalla Badia fino alla parte bassa del borgo. Molto sviluppata era anche la coltivazione delle erbe officinali da cui si ricavavano gli unici medicamenti allora conosciuti.
Nel territorio vi sono stati vari rinvenimenti archeologici che testimoniano la presenza umana in epoca preistorica, italica e romana. La menzione più antica che ha riferimento con il centro abitato vicino al monastero risale al secolo IX.
Fin dall’anno 870, da una delle tre chiese situate entro le mura della città di Chieti, S. Tecla, posta sul lato orientale delle mura, si apriva una porta che il popolo chiamava “Porta Monacesca perché collegava la città con il convento di San Liberatore passando per il centro rurale. Nel Memarandum dell’Abate Bertario, fra i possedimenti abruzzesi, si nomina anche la chiesa di S. Maria, posta sopra Fara de Laento, identificata con Fara di Serramonacesca, edificata in origine dai longobardi, i quali si stanziavano, di preferenza, lungo corsi d’acqua.
Altro importante centro abitato, sempre dipendente dal monastero di san Liberatore, e attualmente all’interno del territorio comunale, era Castrum Polegrae, costituito da una torre centrale e da numerose abitazioni, disposte circolarmente sia per necessità difensive sia per rapporti di parentela.
Nel secolo XII l’imperatore Laterzio II confermò a Montecassino il possedimento di Serramonacesca. Il buon governo dei monaci favorì lo sviluppo demografico della popolazione che godeva di sicurezza e protezione, a differenza di altri centri, esposti continuamente alla minaccia della miseria e della carestia derivanti dalle continue lotte. La pace dunque attirava molte famiglie che i monaci accettavano volentieri affidando loro, a seconda delle abilità, compiti diversi.
Una delle funzioni principali del monastero in età medievale era quello dell’istruzione, vi si insegnava innanzitutto il latino (l’interpretazione del Vecchio e del Nuovo testamento) e nozioni di scienze naturali. Il monastero esercitava l’autorità spirituale, civile e giuridica su serramonacesca e sugli altri borghi (dominus terrae Monaceschae) i cui abitanti versavano canoni. Grazie a privilegi e lasciti all’ordine benedettino,il monastero divenne padrone di un territorio ingente di oltre 40 km. quadrati di superficie, su cui esercitò piena e assoluta autorità feudale.
Dal censimento effettuato nel 1368 dal priore di San Liberatore, Serramonacesca contava 110 fuochi (nuclei famigliari) e 40 Polegrae.
Nel 1412 venne tolta al monastero la zona di tragica adibita esclusivamente al pascolo; nel 1420, con decreto della regina Giovanna, il territorio di Serramonacesca con San Liberatore fu tolto al conte da Carrara e restituito alla famiglia degli Orsini.
Il 4 maggio 1524 l’imperatore Carlo V confermò ad Ascanio Colonna i privilegi su tutto il territorio. Nel secolo XVI il feudo di san Liberatore fu concesso in enfiteusi a Tommaso Valignani dal Capitolo Vaticano, cui era stato aggregato il monastero.
Erano presenti nel paese, fin dai primi anni del nostro secolo,parti di archi di alcune porte quali quelle degli Sbirri e Malepensa nella parte settentrionale del paese, e porta Vignadonica, ubicata vicino all’attuale piazza del paese, che collegava il paese con il monastero. Si notano lungo il perimetro del centro più antico, abitazioni murate che indicano un agglomerato chiuso, serrato e difeso proprio degli edifici disposti con perizia.
Accesso libero.
Pagina aggiornata il 29/07/2024