Serramonacesca è famosa in particolare per la presenza sul suo territorio delle più belle chiese medioevali d’Abruzzo e si può tranquillamente affermare che proprio l’abbazia di San Liberatore ha caratterizzato la storia di questo piccolo borgo curato amorevolmente in passato soprattutto dai monaci. Si sa per certo che la Badia di san Liberatore a Majella esisteva prima dell’anno 884 e godeva di una posizione di privilegio, che la ponevano a capo dei beni e dei monasteri cassinesi d’Abruzzo.
La tradizione lega l’origine del monastero a Carlo Magno: si dice che, nel sito ove è posta la Badia, nell’anno 781 sia avvenuta una battaglia che avrebbe visto l’esercito franco vittorioso su quello longobardo. Carlo avrebbe quindi deciso di costruire una chiesa nel luogo di battaglia e dedicarla al culto del Divino Liberatore; questa notizia sulla sua origine può essere considerata attendibile perché nell’anno 884 la Badia era ricca e potente e godeva di grande prestigio e autorità. Nella parete dell’abside della navata centrale si nota una pittura che sintetizza alcuni avvenimenti di particolare importanza per il monastero, e raggruppa alcuni grandi personaggi della storia: San Benedetto (la cui immagine, corrosa dall’umidità, è quasi completamente scomparsa) con il libro della sua “regola” in mano; l’abate Teobaldo, che regge la Chiesa di San Liberatore, da lui fatta risorgere all’inizio del secolo XI (mantenendo la posizione planimetrica dell’abbazia carolingia, sud-est / nord-ovest), nell’atto di porgerla a San Benedetto; il patrizio romano Tertullo, che, secondo la tradizione, donò alcuni territori alla Badia; l’imperatore Carlo Magno e il benefattore Sancio, signore di Villa Oliveti.
Il monumento, imponente nella sua forma composta dalla Chiesa e dal campanile, si incastona con la sua massa lapidea di colore chiaro, come una pietra preziosa nel complesso arboreo verdeggiante del pendio settentrionale della Majella. Dal 1967 al 1996 vi sono stati diversi interventi di restauro che hanno riportato alla luce gli antichi splendori del monumento, lasciato all’abbandono fino agli anni ’60. Questo,tuttavia, è ancora mutilato delle parti essenziali che la costituivano all’origine, come il monastero, di cui rimane traccia solo in alcuni muri alla sinistra della facciata. I pavimenti e il portale sono stati riportati nella Badia e ripristinati nella loro sede durante i primi interveti di restauro.
La simbologia La Basilica di san Liberatore si presenta in tutta la sua maestà architettonica e nel fulgore della sua storia millenaria. Ogni elemento di quest’opera, semplice ma possente, vivace nel suo freddo cromatismo della muratura in pietra calcarea chiara squadrata, è nato con l’intento di simboleggiare qualcosa, cioè di trasmettere valori cristiani. L’arco trionfale sotto cui passavano gli imperatori vittoriosi e di cui vediamo i resti tra la navata centrale e il presbiterio, indicava simbolicamente la gloria riservata a Cristo. Il centro della chiesa è l’altare, che occupa una posizione preminente, isolato nel presbiterio, mentre tutta l’aula è suddivisa in tre navate per mezzo di colonne. Nella sua globalità la chiesa è simbolo della chiesa fatta da uomini; è orientata verso est, dove nasce il sole, simbolo di Cristo: i primi raggi del solari del giorno penetrano attraverso le finestre dell’abside e illuminano l’altare,per rinnovare giornalmente la presenza di cristo; anche la finestra e l’oculo sulla facciata, che danno luce al tramonto, simboleggiano la stesso continuità,ossia il saluto del signore al termine della giornata. La visita Varcato il portale, si entra nella chiesa e si percorre la navata scandita da 12 pilastri,esclusi i cruciformi, fondamentali elementi portanti che simboleggiano gli apostoli e i santi che indicano e sostengono il cammino verso l’altare,simbolo di vita eterna. Si termina con l’abside e il catino, con affreschi che descrivevano la storia della chiesa e di Cristo.
La facciata e la pianta sono gli elementi che esprimono meglio i caraterei dell’arte romanica settentrionale. Lo schema geometrico mostra la divisione a tre navate dell’interno,mediante la differenza delle altezze che delimitano le falde delle coperture a spiovente. Le semicolonne lisce con basi, capitelli e sovrastante archeggiatura sono gli elementi che caratterizzano la decorazione e si collocano ai lati dei tre portali. Questi ultimi constano di un sistema triplico sormontato da archivolti con semplici intagli dove le masse ornate si stagliano con poco stacco e in maniera omogenea dal piano di fondo. Gli archivolti a tutto sesto dei tre portali hanno la stessa decorazione formata da una doppia cornice ornamentale, di cui una a scivolo fogliata a palmette modulari. Nell’architrave del portale di destra è da notare la presenza di due leoni, in posizione simmetrica ed equilibrata, ma con aspetto palesemente deformato nella microdimensione delle teste, simbolo della sproporzione tra il Divino e il mondo materiale.
Negli stipiti le decorazioni a motivi floreali sono diverse, ma formano una massa equilibrata nella parte terminale ai lati dei leoni. Il campanile a lato della facciata è distaccato circa 20 cm dalla chiesa e si staglia visibilmente nella sua compostezza compositiva e plastica. Le aperture, due al pianterreno, che diventano quattro nei piani superiori, sono monofore al primo ripiano, bifore al secondo e trifore al terzo. Il lato a valle si presenta privo di elementi decorativi perché su questo lato si addossava il chiostro insieme a tutto il monastero. Su di esso si aprono tre passaggi: due porte davano l’accesso al monastero e alla sacrestia mentre la terza immetteva nel chiostro. Sulle pareti restano le tracce delle volte del chiostro, due solchi dove si innestavano i solai lignei.
Il prospetto posteriore segue simmetricamente la sagoma a salienti della facciata anteriore rispettando anche la posizione dell’oculo. I semicilindri degli absidi sono di altezza diversa: quello centrale, che si divide in due parti orizzontali, è il più alto e coincide con la parte superiore degli spioventi delle coperture delle navate laterali.
La parte superiore comprende il motivo degli archetti pensili e tre finestre di stile preromanico, la parte inferiore non presenta decorazioni o elementi,ma è interessante per la perfezione della concia dei blocchi in calcare. La cornice dei tetti degli absidi minori coincide con la linea di separazione orizzontale dell’abside centrale. Tutte le finestre sono valorizzate dalla triplice risega che ha la funzione di fornire più luce a dare l’impressione di maggior ampiezza.
Il lato a monte è caratterizzato da contrafforti che hanno la funzione di controspinta e formano una galleria aperta che crea uno scorcio prospettico di grande effetto. Certamente vennero realizzati per trattenere la spinta dovuta alla mancanza di coesione del terreno collinare sovrastante; le archeggiature, infatti, corrispondono, internamente ai pilastri delle navate là dove la forza della spinta è maggiore. L’interno La basilica si compone di tre navate prive di transetto che si concludono nel presbiterio con te absidi rivolti a oriente. Il piano del pavimento è caratterizzato da una doppia pendenza longitudinale (dal presbiterio all’ingresso) e trasversale (dal lato a monte a quello a valle).
La visione più imponente dell’interno si ha entrando dal portone principale: la cadenza delle pilastrate, la plastica successione degli archi a pieno sesto, il gioco dei volumi, chiaramente definiti dall’alternarsi delle superfici illuminate della parte centrale e di quelle in penombra delle parti laterali, la chiarezza dell’impostazione delle strutture verticali romane filtrate attraverso una tecnica semplice, ma raffinata nel gusto, suscitano un profondo raccoglimento spirituale. La navata centrale (larga 8 metri e lunga 42 metri) dall’ingresso si presenta con la poderosa successione, per ogni lato, dei 6 pilastri rettangolari privi di base, ma con cornice classica che, con gli archi, formano 7 campate, mentre l’ottava campata, del presbiterio, è delimitata da un pilastro cruciforme e da una semicolonna con capitello pseudocorinzio in testa all’unione degli absidi. La navata centrale presenta una copertura a incavallature lignee a vista, ricostruite secondo l’originale.
Le navate minori furono sicuramente limitate in altezza da soffitti piani lignei, come attesterebbero i vuoti degli incastri delle travature lasciati nei muri. Il pavimento cosmatesco del XIII secolo ricopre circa metà della navata maggiore e il presbiterio; è formato dall’intarsio policromo in marmo di vari colori con struttura portante radiale e l’uso prevalente della forma circolare.
L’ambone, databile alla fine XII, è stato rimontato usando i numerosi frammenti conservati nella Chiesa del paese. L’opera di rimontaggio ha evidenziato la cassa quadrata del pulpito sorretta perimetralmente da quattro colonne. L’estetica e gli elementi presentano poche decorazioni. È da apprezzare il recupero di pochi elementi e il modo razionale con cui sono stati ricomposti in modo da permettere all’interno della chiesa la presenza di questo elementi così importante nella liturgia dell’epoca.